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Per Therapy: quali sono i cani più adatti?

Per Therapy: quali sono i cani più adatti?
Gennaio 24, 2025 Yuup
Tempo di lettura: 22 minuti
Indice
Cane su letto di ospedale vicino a una bambina in una seduta di Pet Therapy

Oggi vogliamo accompagnarti in un viaggio che esce dalle rotte comuni e va in profondità su un tema troppo spesso banalizzato e semplificato: la Pet Therapy.

Prima di tutto, vogliamo ringraziare una persona di grande umanità: Lorenzo Fois, che con la sua competenza e gentilezza, ci ha supportato nel comprendere al meglio questo tema così speciale. Lorenzo collabora con i cani a 360 gradi, come istruttore cinofilo, coadiutore, e responsabile degli interventi di Pet Therapy per For a Smile Onlus negli ospedali di Bassano – Schio – Verona, e ha integrato questo articolo con i suoi commenti per sensibilizzare e sottolineare l’importanza dell’argomento.

Un ringraziamento naturalmente va anche ai suoi studenti, tra cui Gloria De Rossi, che abbiamo intervistato e che ci ha raccontato il suo percorso, dandoci una miniera di informazioni preziose per la scrittura di questo articolo.

cane su un letto di ospedale durante una sessione di pet therapy

Ma come si può resistere a questo musetto?

Cos’è la Pet Therapy?

Alla lettera la Pet Therapy è la ‘terapia con gli animali domestici’, ma questo non ci basta, anzi.

Quando parliamo di terapie occorre fare un piccolo passo in più per comprenderne il senso, l’applicazione pratica e i benefici per la salute di chi vi è coinvolto.

Molte persone possono infatti pensano che sia sufficiente accarezzare un gattino, giocare con un cane, fare una passeggiata nella natura con un asinello o trascorrere del tempo a bordo vasca con i delfini che fanno le piroette per avere dei benefici alla salute.

Possiamo definire tutto questo Pet Therapy? 

La risposta è no, e ci troviamo di fronte a uno dei primi fraintendimenti sul tema, perché tutto questo è sicuramente piacevole, ma non basta ad attivare un’azione terapeutica, ovvero di ‘studio e attuazione concreta dei mezzi e metodi per combattere le malattie’ (Come da definizione dell’enciclopedia Treccani).

In sostanza, la Pet Therapy da sola non può essere considerata una terapia, perché offre risultati solo se opera in sinergia con una vera e propria terapia progettata da figure professionali. Per questo, è corretto chiamarla co-terapia.

Questo spiega il ruolo effettivo e fondamentale della Pet Therapy, restituendole l’autorevolezza e la dignità scientifica che merita.

Il suo obiettivo, infatti, è trarre benefici dal rapporto tra le persone e gli animali, accogliendo la terapia in corso e partendo dagli obiettivi già fissati, per definirne altri che possano essere di aiuto al paziente.

In questa visione, quindi, non basta la sola presenza di un pelosetto per aiutare le persone a migliorare la propria salute fisica, mentale ed emotiva: servono operatori formati attraverso corsi riconosciuti e autorevoli, che esercitino la Pet Therapy in cooperazione con le equipe mediche di riferimento.

Ecco perché il termine corretto da utilizzare è IAA: Interventi Assistiti con gli Animali, una dicitura completa, in quanto comprende attività, educazione e terapia studiate e applicate per coadiuvare le terapie già definite dai medici.

Una bambina gioca con un cane assieme a un'operatrice di pet therapy, sullo sfondo altri bambini

Un sorriso alla volta, la Pet Therapy aiuta a guarire le ferite, anche quelle invisibili.

A cosa serve la Pet Therapy?

Ora che abbiamo chiarito le idee su un argomento così frainteso come la Pet Therapy, è bene approfondire un altro concetto scientifico molto importante per comprendere la ragione d’essere di questa co-terapia: la biofilia.

Cosa rende benefica la Pet Therapy? Perché viene applicata così frequentemente e diffusamente in ospedali e strutture sanitarie di tutto il mondo?

La risposta è in una parola coniata nel 1984 dal biologo statunitense Edward O. Olson, la ‘biofilia’.

Secondo Olson gli esseri umani possiedono un legame con la natura talmente profondo da essere impresso nei geni. Questo legame si è creato nel corso dell’evoluzione e porta a una tendenza innata a concentrare l’interesse sulla vita e sui processi vitali.

Con la loro gioia, esuberanza e autenticità, gli animali sono l’emblema stesso della vita, per questo la Pet Therapy è oggi considerata come una co-terapia che supporta le persone che stanno affrontando momenti difficili, aiutandoli ad affrontarli e a superarli.

Non solo, perché la Pet Therapy viene impiegata con successo anche per supportare il miglioramento di persone affette da patologie o disturbi per cui non è purtroppo prevista la guarigione completa, come ad esempio ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), DOP (Disturbo Oppositivo Provocatorio), DC (Disturbo della Condotta) e di disabilità di diversa natura.

cane fa pet therapy al guinzaglio, sullo sfondo una bambina con un altro cane, stanno giocando

Gioco, movimento, interazione: gli Interventi Assistiti con gli Animali sono una miniera di benessere per i pazienti.

In che modo la Pet Therapy aiuta le persone?

I benefici della Pet Therapy sono moltissimi e ne abbiamo parlato in questo articolo. Riassumendo, essi coinvolgono la sfera fisica, psicologica, comunicativa, emotiva e relazionale.

In particolare, il contatto con gli animali aumenta il livello di neurotrasmettitori e di quelli che vengono definiti gli ‘ormoni della felicità’, come l’ossitocina, le endorfine e la dopamina.

Questo permette di attivare un istantaneo senso di benessere, calma, relax, che abbatte lo stress e attiva stati d’animo positivi quali la serenità, la felicità e la gioia, che quando vengono coltivati possono evolvere in una maggiore fiducia nelle proprie capacità e nel futuro in generale.

Pensiamo un attimo all’immenso benessere che proviamo se abbiamo la fortuna di poter lavorare con il nostro pet accanto (ne abbiamo parlato in questo articolo dedicato al cane in ufficio), non si tratta forse di una straordinaria fonte naturale di felicità e benessere immediato?

Ora che abbiamo visto cos’è e a cosa serve la Pet Therapy e i suoi maggiori benefici, andiamo nel dettaglio di un argomento che sta a cuore a molte persone: quali sono i cani più adatti per questa co-terapia? Come si educano i cani a praticarla? E quali sono i percorsi formativi disponibili in Italia per poter fare Pet Therapy?

Vediamo inoltre come si sceglie un cane per la Pet Therapy e come ci si può orientare dopo avere concluso il percorso di studi per iniziare a lavorare in questo settore.

bambina accarezza un asinello durante una seduta di pet therapy

Connessioni che aiutano a guarire corpo e mente.

Come si fa la Pet Therapy?

La scelta degli animali dovrà orientarsi verso varietà animali e soggetti che, per caratteristiche fisiologiche e comportamentali, siano compatibili con gli obiettivi del progetto. L’animale cooperatore deve essere certificato in buono stato di salute psico-fisico e funzionale”. Questo è l’articolo 6 della Carta di Modena, un documento che riporta i valori e i principi sulla relationship (qui la versione integrale pubblicata sul sito dell’Istituto Italiano di Bioetica).

Tra gli animali più coinvolti nella co-terapia ci sono i cavalli, i gatti, i delfini, gli asini, i conigli nani e soprattutto loro, i nostri adorati cani, che riescono a mettere in atto una comunicazione profonda ed empatica con le persone. Ne abbiamo proprio parlato in maniera più approfondita nell’articolo dedicato all’amicizia tra uomo e cane.

I pelosetti comunicano attraverso i sensi principali, udito, vista e olfatto e, soprattutto la vista, è una forma di scambio di informazioni che le persone percepiscono e comprendono facilmente.

Viceversa, i cani riescono a comprendere sia il linguaggio verbale che quello non verbale delle persone, perciò queste straordinarie caratteristiche li rendono particolarmente preziosi negli Interventi Assistiti. Ma quali sono i cuoricini a quattro zampe più adatti per la Pet Therapy?

quattro cani protagonisti delle sessioni di pet therapy

Pronti per la foto di gruppo? Ecco alcuni degli cuoricini pelosi protagonisti degli Interventi Assistiti della Onlus For a Smile!

Quali cani possono fare la Pet Therapy?

Di base non esistono delle razze adatte a prescindere, bensì delle caratteristiche che rendono il cane adeguato all’attività di Pet Therapy.

Si tratta dell’intelligenza, della sensibilità e della capacità di adattarsi a diverse situazioni. A questo si aggiunge la necessità che i cani siano ben educati e abituati a vivere a contatto con le persone.

Le razze che presentano più di frequente queste caratteristiche sono i dolci e intelligenti Labrador e Golden Retriever, i sensibili Bovari, gli adorabili Shih Tzu e i nostri grandissimi amici meticci.

Attenzione però: il DNA conta, ma fino a un certo punto, perché il cane coinvolto nel progetto di Intervento Assistito deve ricevere un’educazione specifica per gli interventi a cui potrà prendere parte.

ragazza sorridente abbraccia un cane durante la pet therapy

La formazione in Pet Therapy prevede degli step rigorosi, per poter operare in modo professionale negli Interventi Assistiti.

Cosa bisogna studiare per fare Pet Therapy?

Nel 2009 il Ministero della Salute ha attivato presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie il Centro di Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti dagli Animali.

L’Istituto e il suo relativo sito web sono da considerarsi il punto di riferimento per quanto riguarda la materia di Pet Therapy in Italia, in quanto si occupa di:

  • promuovere la standardizzazione di protocolli operativi per il controllo sanitario e il comportamento degli animali che sono coinvolti negli IAA;
  • potenziare le collaborazioni tra strutture mediche e veterinarie;
  • migliorare le conoscenze sull’applicabilità degli interventi sui pazienti (persone affette da autismo o disabilità psichica, bambini e anziani);
  • raccogliere dati e diffonderli;
  • organizzare e gestire i percorsi formativi.

Quest’ultimo punto oggi ci interessa particolarmente, in quanto sul sito dell’Istituto è presente una pagina dedicata proprio ai percorsi formativi previsti al cap. 9 delle linee guida nazionali per gli Interventi Assistiti con gli Animali (Qualora voleste approfondire l’argomento per intraprendere il percorso, qui trovate il documento completo).

Il percorso formativo prevede un corso propedeutico, corsi base dedicati alle singole figure dell’équipe multidisciplinare e un corso avanzato. I percorsi, specifici per ogni figura, sono i seguenti:

  • Responsabile di progetto di TAA/EAA (Terapie Assistite con gli Animali ed Educazione Assistita con Animali): è la figura che si occupa di definire obiettivi, modalità di attuazione e valutazione degli esiti del progetto, coordinando l’equipe. Nei progetti di TAA è un medico specialista oppure uno psicologo o psicoterapeuta, mentre negli EAA è un educatore professionale, un pedagogista, uno psicologo o psicoterapeuta;
  • Referente di intervento di TAA/EAA (Terapie Assistite con gli Animali ed Educazione Assistita con Animali): è la figura che si occupa di prendere in carico la persona durante la seduta di Intervento Assistito, con il fine di raggiungere  gli obiettivi che sono stati identificati nel progetto. Nei progetti TAA il responsabile va a individuare una figura professionale idonea che, secondo quanto riportato dal sito dell’istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie deve appartenere “all’Area sanitaria di cui al D.I. 19/02/2009 o appartenente alle professioni sanitarie (ex Legge 43/2006 e D.M. 29/03/2001) e di documentata esperienza e competenza in relazione agli obiettivi del progetto stesso.

    Per quanto riguarda gli EAA: “il responsabile di progetto, per tale ruolo, individua una figura professionale in possesso di diploma di laurea triennale (o titolo equipollente) in ambito socio sanitario, psicologico o educativo oppure in possesso di documentata esperienza e competenza in relazione agli obiettivi del progetto stesso, assumendosene la responsabilità”
  • Coadiutore dell’animale negli IAA (Interventi Assistiti con Animali): è la figura che prende in carico l’animale durante la seduta e ha la responsabilità della sua corretta gestione, provvedendo anche a monitorare il suo stato di benessere e di salute.
  • Medico veterinario esperto in IAA (Interventi Assistiti con Animali): è la figura che collabora con il responsabile del progetto nella scelta dell’animale e della coppia formata da coadiutore e animale. Il veterinario valuta inoltre i requisiti dell’animale sotto il profilo sanitario e comportamentale e ne indirizza la gestione, assumendone la responsabilità.

In Italia ci sono molte scuole che erogano formazione per diventare operatori di Pet Therapy, che possono essere in presenza, oppure avere delle parti formative online o miste.

Una volta conclusa la parte teorica e pratica, bisogna quindi sostenere degli esami.

I percorsi possono essere scelti in base alla propria volontà e disponibilità. Ad esempio: si può seguire un singolo corso oppure tutti, completando la formazione con il corso avanzato, a cui fa seguito il tirocinio, la scrittura e la discussione della tesi.

Una signora anziana ricoverata all'ospedale abbraccia un cane piangendo

La magia di un abbraccio peloso: il contatto con gli animali è una cura per il corpo e un sollievo per il cuore.

Come scegliere il cane per la Pet Therapy?

Per fare  una scelta consapevole sarebbe importante prima seguire il corso propedeutico per coadiutori, che viene solitamente tenuto da veterinari comportamentalisti, veterinari clinici ed educatori cinofili che seguono il metodo cognitivo-relazionale e offrono le indicazioni corrette e coerenti per scegliere il cane adatto agli Interventi.

Grazie a lezioni, libri e materiali che spiegano nozioni base di gestione di un cane sano e felice, tipologie di razza o come crescere un cane equilibrato, si può infatti fare una scelta che tiene conto delle esigenze del pelosetto, delle sue abitudini-attitudini e anche delle disponibilità quotidiane del pet mate.

Inoltre, nella scelta del cane per Pet Therapy è importante considerare l’esperienza personale, ovvero quanta esperienza pregressa si ha con i cani.

L’idea di partenza è che non c’è una netta distinzione tra cani che possono e cani che non possono fare Pet Therapy. Ad esempio anche esemplari come molossi o Lupi Cecoslovacchi possono farla, dipende da quanto il coadiutore è bravo e capace a contestualizzare il cane in base alla necessità e a fare attività secondo le motivazioni di razza che gli appartengono.

Riassumendo: ogni cane può avere delle potenzialità per fare Pet Therapy se l’operatore riesce a metterlo in condizione e questo è dovuto proprio al fatto che si tratta di un ‘lavoro di squadra’, dove ognuna delle due parti – cane e operatore – è fondamentale per la buona riuscita del progetto.

Una volta considerato tutto questo e scelto il pelosetto per questo tipo di percorso, è consigliato scegliere allevatori esperti, che abbiano cura e il giusto bagaglio di esperienza.

Naturalmente, prendere un cucciolo è la scelta migliore, perché in questo modo si può dargli la giusta impronta fin dall’inizio, grazie a un’educazione specifica e  mirata.

Lorenzo Fois accompagna un cane in una seduta di pet therapy, accanto a lui cammin un bambino con un altro cane al guinzaglio

Ed ecco il nostro Lorenzo Fois con un piccolo paziente e i due cuoricini a quattro zampe durante una seduta di Pet Therapy.

Come fare Pet Therapy con il proprio cane?

Naturalmente potete intraprendere questa strada anche qualora il vostro pelosetto non fosse più un cucciolotto ma, come visto, è necessario essere formati e seguire un percorso che permetta di apprendere con le dovute attenzioni tutte le nozioni necessarie per educare il cane alla Pet Therapy.

Parola d’ordine: zero improvvisazione. Se pensiamo che il nostro cane sia adatto e vogliamo iniziare questo percorso anche come sbocco professionale, la regola è formarsi, sostenere gli esami, praticare il tirocinio e diventare quindi una figura professionale a tutti gli effetti, perché questo è ciò che permette di poter educare il cane a partecipare agli Interventi Assistiti e lavorare in questo campo.

foto in bianco e nero di un Labrador accarezzato dalle mani di una persona anziana

Fiducia e pazienza, una carezza alla volta.

Quali sbocchi professionali per chi pratica Pet Therapy?

Una volta conclusa la formazione, con il tirocinio, la redazione e la discussione della tesi ci si iscrive al Digital Pet che è il portale degli operatori Pet Therapy e, ipoteticamente, si può cominciare a lavorare fin da subito.

Chi ha una laurea in ambito sanitario pedagogico (psicologi, medici infermieri…) può diventare anche responsabile e referente dei progetti, quindi crearli e supervisionarli. Chi, invece, non possiede una laurea in questo campo può lavorare come coadiutore (che è comunque la figura ‘clou’ degli Interventi).

I coadiutori possono lavorare in progetti in ambito sanitario, educativo, riabilitativo ed è importante considerare che, in base alla professione esercitabile grazie alla laurea conseguita, ci sono degli sbocchi professionali diversi, chiariti in questa pagina dell’Istituto Zooprofilattico.

Negli ultimi anni la Pet Therapy ha avuto una grande espansione e la normativa è in evoluzione, quindi è sempre bene approfondire, consultando il sito del Ministero della Salute e quello dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie per avere informazioni aggiornate e autorevoli.

Finora abbiamo visto cos’è e a cosa serve la Pet Therapy, come si diventa operatori e quali sono gli sbocchi professionali possibili.

È doveroso, a questo punto, parlare di un fenomeno che sta purtroppo inquinando il ruolo terapeutico degli animali e che, in diversi casi, può creare dei veri e propri danni al loro benessere.

ragazze fanno yoga, in primo piano una capretta

“Ma cosa ci faccio qui? Stavo così bene sul prato e brucare l’erbetta fresca…Certe volte faccio proprio fatica a capire gli umani!”

Ahi ahi ahi lo yoga con le caprette

Si chiama Yoga Pet Therapy o Puppy Yoga ed è stato vietato formalmente con una nota del Ministero della Salute ad aprile 2024 che ha precisato il divieto di utilizzare cuccioli nelle pratiche di yoga.

Di cosa si trattava? Posto che lo yoga è una disciplina millenaria che aiuta le persone a ritrovare benessere fisico, mentale, emozionale e spirituale, il Puppy Yoga prevedeva l’impiego di cuccioli di cane che, nel momento finale di riposo, venivano adagiati sulle persone perché potessero coccolarli.

Il problema è che, in molti casi, i cuccioli venivano privati di cibo e acqua per non fare i bisogni e ‘disturbare’ la pratica. In altre situazioni venivano addirittura privati di cure e attenzioni essenziali per la loro crescita e il loro benessere.

Inoltre, una volta cresciuti i cuccioli non avevano una destinazione definita, sicura e accogliente e, ipoteticamente, venivano sostituiti con esemplari più piccoli perché considerati ‘magneti’ di coccole e carezze.

Sulle coccole e le carezze non c’è niente di male, anzi, ma a seguito di una denuncia da parte di un’associazione ambientalista il Ministero è intervenuto, definendo illegale la pratica di impiegare cuccioli di cane nelle sessioni di yoga.

Il Ministero ha specificato che lo yoga con i cani può essere effettuato solo con esemplari adulti (qui la pagina della Regione Lombardia che lo specifica), ma noi ci sentiamo di aprire una parentesi su questa scelta, che merita di essere ben ponderata.

Tralasciando la profondità dello yoga, che mai nelle sue origini ha previsto la presenza o l’intervento degli animali, la domanda che sorge spontanea è se sia necessario coinvolgere gli animali in qualcosa che può benissimo dare benefici anche senza la loro presenza.

Prendiamo ad esempio lo yoga con le caprette che ha avuto un boom di popolarità negli ultimi anni. In questo caso possiamo e dobbiamo chiederci: gli animali vengono trattati al meglio? Sono felici di stare in compagnia di persone per un periodo di tempo, magari correndo il rischio di essere calpestati o anche inavvertitamente colpiti tra un’Asana e un’altra? O è forse meglio che le caprette se ne stiano nel loro ambiente naturale, sui loro prati a brucare l’erbetta in pace?

Noi ci sentiamo in dovere di farci queste domande e di sottolineare sempre che nessun animale è un giocattolo.

Bambino ricoverato all'ospedale accarezza un cane durante una seduta di pet therapy assieme alla nonna

Uno sguardo sincero ha il potere di migliorare ogni giornata, anche le più difficili.

Cani da soccorso e Pet Therapy: c’è un nesso?

Dato che sul tema della Pet Therapy c’è parecchia confusione, alcune persone possono pensare che i cani da soccorso e i pelosetti che operano negli Interventi Assistiti facciano lo stesso ‘mestiere’.

La risposta è no, non ci sono stretti collegamenti tra queste due dimensioni, anche se può, a volte, succedere che dei cani da soccorso siano anche impegnati in interventi di Pet Therapy.

I cani da soccorso sono angeli a quattro zampe che svolgono un ruolo vitale per la comunità e tra poche settimane pubblicheremo un articolo dedicato proprio a loro.

Bambina ricoverata all'ospedale abbraccia un cagnolino

“La mia nuova amica umana è forte e coraggiosa! Io oggi sto qua con lei, così ci facciamo le coccole a vicenda”

I casi virtuosi di Pet Therapy in Italia

Concludiamo questo articolo raccontando alcuni casi di Pet Therapy in Italia che ci fanno brillare gli occhi perché dimostrano il valore di questa co-terapia e, soprattutto, raccontano quanto i nostri amici a quattro zampe possano aiutare le persone a superare momenti difficili e stare meglio fisicamente, emotivamente e mentalmente grazie alla loro presenza e all’immensità del rapporto tra persone e animali.

Cuori a quattro zampe in corsia

Come scritto all’inizio dell’articolo, per approfondire l’argomento della Pet Therapy abbiamo chiesto informazioni a Lorenzo Fois, istruttore cinofilo, docente e Coadiutore del cane per Interventi Assistiti, tenutario di una pensione (asilo per cani) e di due toelettature, nonché  responsabile di For A Smile Onlus del Triveneto per la Pet Therapy negli ospedali di BassanoSchioVerona (a breve anche a Vicenza).

Lorenzo, che come dicevamo si occupa di cani a 360 gradi (possiamo dire che i pelosetti fanno parte di ogni ambito della sua vita 🐶), ci ha confermato che il principio della Pet Therapy è fare attività con i bimbi in reparto e i cani, volta a togliere lo stress dell’ospedalizzazione.

I bambini, infatti, faticano a stare negli ospedali, a vivere le giornate in un ambiente saturo di pesantezza mentale, che genera stress emotivo, perciò hanno bisogno di supporto, di distrazione e di momenti di gioco con il cane. In base al bambino e alla tipologia di problematica, grazie agli Interventi Assistiti si riesce a creare una relazione con il cane, per poterlo distrarre, creando così dei momenti positivi.

Bisogna però aprire una parentesi: la conoscenza della Pet Therapy negli ultimi anni si è diffusa soprattutto perché i media hanno dato risalto al suo ruolo in relazione agli Interventi Assistiti nei reparti di oncologia pediatrica. Questo è importantissimo, ma lo è altrettanto considerare che questa co-terapia viene impiegata anche con persone anziane o affette da disabilità.

Inoltre, è bene sempre considerare che gli animali vengono controllati e costantemente sottoposti a visite veterinarie prima di entrare negli ambienti ospedalieri.

L’Onlus For A Smile organizza numerosi progetti di Pet Therapy e cerca costantemente nuovi finanziatori per portare avanti questo meraviglioso percorso, che potete supportare anche attraverso gli SMS Solidali o inquadrando il QR Code della pagina del sito dedicata alle donazioni.

Dalle corse alle corsie

Nel 2023 l’ospedale Sant’Orsola di Bologna ha avviato un progetto di Pet Therapy che ha coinvolto alcuni levrieri salvati dalle corse in UK, Irlanda e Spagna e li ha inseriti, sottraendoli dai maltrattamenti, nel progetto Pet Co-Therapy per aiutare i bambini ricoverati nel reparto pediatrico dell’ospedale. Questa è la pagina della struttura che ne parla.

Sempre al Sant’Orsola di Bologna è stato avviato un progetto di Pet Thebrapy che vede il lavoro congiunto della Croce Rossa Italiana e dell’Associazione Amaci Odv.

Due infermieri pelosi, Puntino e Isi, affiancano le terapie mediche a cui sono sottoposti i piccoli pazienti del reparto pediatrico e sono protagonisti di diverse attività che spaziano dal gioco all’interazione, per aiutare i bambini a superare lo stress delle malattie e del ricovero forzato.

E, ancora, un esempio che scioglie il cuore è il progetto pionieristico attivato all’ULSS 8 di Vicenza, che permette ai bambini ricoverati da più di cinque giorni di ricevere la visita del proprio cane in ospedale.

Il progetto di Pet Visiting vede la collaborazione di AdA, l’Associazione Amici degli Animali, e può svolgersi nel reparto, previa autorizzazione di tutte le persone coinvolte, o in un’apposita area creata ad hoc dall’azienda ospedaliera.

Questi sono esempi di come i cuoricini pelosi possano portare sollievo, benessere, gioia e voglia di vivere nelle persone fragili o che stanno attraversando momenti talmente difficili da mettere a rischio la loro autostima e la loro capacità di guardare alla vita con fiducia e positività.

Questa è la forza della Pet Therapy, una co-terapia che oggi abbiamo approfondito e che ci auguriamo possa dilagare sempre più in Italia e nel mondo.

La presenza dei cani e di altri animali, soprattutto quando guidata e formata, diventa infatti un’occasione specialissima per riscoprire la gioia della vita, grazie a chi la prova e la trasmette in modo innato e incondizionato ogni giorno: i nostri amori pelosi a quattro zampe.

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